Archivio per novembre, 2010

Brescia-Vajont ott. 2010

Pubblicato: 2 novembre, 2010 da viaggiatore in ciclismo

E’ il secondo anno che vado con gli altri Paciclici al Vajont, ho ripercorso le stesse strade vivendo emozioni nuove e scorgendo particolari mai notati prima, ci si rende conto che il viaggio, il cicloviaggio, la ciclospedizione in questo caso, non deve essere per forza immensa o iperbolica, il viaggio è uno stato di essere indifferente a dove ti trovi, l’ importante è solo viaggiare..

Liberarsi dei vari fardelli della vita quotidiana diventa sempre più difficile, ti avvolge e ti intrappola fino a poter credere che in realtà la maggior parte della popolazione sia dentro un immenso luogo di lavori forzati dove ognuno è legato ai propri doveri oltre l’ umana comprensione. Infatti vedi che la maggior parte delle cose non sono fatte a regola d’ arte e con amore ma con sufficenza e superficialità. Legati ai nostri “doveri” apparenti, perdiamo il rispetto del prossimo e ancor prima per noi stessi.
Finisco di preparare la bicicletta alle 2 e 30 del mattino, per varie ragioni far prima non era stato possibile. Quattro ore dopo mi sveglio per andare al ritrovo con gli altri amici, svegliarsi per queste ciclospedizioni è un piacere. In piazza Loggia a Brescia, ci troviamo tutti per il consueto caffè, un profumo che in queste occasioni ci lega ancora di più. La piazza è bagnata e la pioggia è vicina, partiamo allegramente verso il lago di Garda.

A bordo del traghetto, da Salò a Malcesine, le signore del bar di bordo ci accolgono e ci preparano delle ottime lasagne, navigare insieme e raccontare dei viaggi vissuti riunisce ancora di più, appena scesi ci ritroviamo a pedalare con motivazione e forza, la dura salita di Nago scorre senza lasciare traccia di fatica.

La compattezza del gruppo appare tale da creare un unico organismo, l’ attenzione di ognuno è sempre rivolta al vicino, i chilometri perdono di consistenza e rimane solo il viaggiare.
Arrivati davanti alla salita del Mattarello, nonostante le bici abbiano anche 20 kg di peso in più per i vari bagagli, tutti esercitano una forza decisiva e tale da raggiungere la cima senza pensieri, da qui è tutto facile per raggiungere la fine della prima tappa, l’ albergo Monte Cimone a Caldonazzo.

Il mattino dopo, la Valsugana ci mostra la sua ampiezza e la sua dolcezza, i campi di mele, i cavalli, la strada dedicata alle biciclette immersa nel paesaggio, le cose belle fatte dagli uomini per gli uomini esistono, possono coesistere con la natura circostante, non è tutto perduto.

Le scale di Primolano attraversano il forte ormai diroccato anche se i suoi bastioni appaiono ancora solidi e perpetui, attraversare uno sbarramento così importante con le nostre biciclette stimola a cercarne ancora altri da abbattere. Entriamo a Feltre nel luogo tempio dell’ arrivo di una delle più belle corse ciclistiche amatoriali, alcuni di noi rivivono quella emozione indimenticabile.

Il traffico aumenta, la città di Belluno si avvicina e con lei il traffico tipicamente cittadino e forzato, tutti i prigionieri del minuto si accalcano con malumore in file enormi anche se la giornata è ormai tiepida di sole e tersa di aria, evidentemente la loro modalità non gli da scampo, devono vivere questo purgatorio ed espiare chissà quale peccato.
Incontriamo il nostro amico Bortolo della FIAB di Belluno che dirige cento e più ciclisti nella valle del Piave in direzione opposta alla nostra, ci abbracciamo, invadiamo per qualche minuto l’ intera sede stradale di questa strada quasi deserta, siamo sotto la diga del Vajont ma in questo momento c’è solo l’ allegria e il buon umore, un incontro spettacolare.
La salita verso il culmine della diga, è dura per tanti motivi, per il significato di quel posto, per la stanchezza ormai raggiunta e per la velocità sostenuta nell’ ultimo tratto, quel grande muro, quel monumento, immensa lapide, incute quella serie di emozioni con cui non vorremmo mai aver a che fare.
Arriviamo a Erto e l’ accoglienza è dirompente, ci accolgono con un grande abbraccio e il nostro viaggio ciclistico ha il termine. Ceniamo insieme tra amici, volontari, superstiti e ciclisti, regna una armonia quasi musicale. Dopo poco raggiungiamo nuovamente la diga, siamo nel tendone dove il testo di Marco Paolini verrà interpretato e riportato in quella valle, la tensione ed il silenzio sono assordanti.
Omar Rottoli, l’ attore, inizia il suo monologo davanti ad un folto pubblico, in principio è teso, contratto, forse la forte emozione di essere li in quel luogo, davanti a molti di coloro che hanno vissuto “sulla pelle viva” quei momenti tocca anche lui. Il nostro viaggio in bicicletta ci ha portati a Erto a vivere in questa serata le parole di Marco Paolini e di Tina Merlin, una specie di macchina del tempo si apre e ci inghiotte, viviamo gli ultimi istanti del disastro con dolore raccapricciante, ci sentiamo raggiungere dal boato descritto da Omar con paura e tensione, l’ onda ci raggiunge e non c’è via di scampo, rimaniamo con lui in silenzio come sepolti senza poter respirare.

Il monologo è finito e anche noi siamo tornati nel presente, un lungo applauso composto accompagna le lacrime di molti, lo stupore di vivere questo ricordo rimane ora scolpito nella mente.
Ci ritroviamo insieme noi ciclisti per andare a dormire, io e Maurizio partiremo presto, gli altri ci seguiranno dopo pranzo, approfitteremo del treno Belluno, Padova. Nello scompartimento accanto al deposito delle biciclette, si trovano altri ciclisti molto diversi tra loro, una mamma con tre bambini, un  francese che rientra dopo aver percorso 5000 km nell’ europa dell’ est, legami impercettibili ci accomunano e destano la curiosità degli altri passeggeri, il viaggio sta finendo, scarichiamo le biciclette e pedaliamo verso casa, un caffè ? Dai, teniamolo buono per la prossima volta.

Un grande GRAZIE a Max, Laura, Alberto, Alessandro, Maurizio, Ornella, Angelo, Gino, Mario, Segio, Al e Luca, i miei stupendi compagni di viaggio.

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Alex